Il mio Corso di Modellazione Creta

Il mio corso di modellazione creta e cottura raku

 
Lavoro, casa, lavoro. Ripeti.
Quando si è vittime di una routine in cui si ha l’impressione di non dare spazio ad altro se non a questioni che ti riportano alla stessa ciclicità di eventi, provare ad uscirne sembra quasi come quando devi sgomitare in un ambiente troppo affollato per ritornare a respirare senza affanni.
Quella sera mi sono proprio sentita così, alla forsennata ricerca di uno spazio dove potessi ossigenare la mia creatività, abbandonata ormai da anni e sommersa da scuse poco valide ma in verità vincenti. Il giorno del mio compleanno quindi, come regalo, ho deciso di dar voce ai miei interessi e così, cercando online, ho aperto la scheda descrittiva del corso di modellazione creta e cottura raku.
 L’argilla, o meglio, l’idea di lavorare l’argilla, mi ha da sempre affascinata. L’ho sempre immaginato come un momento estremamente liberatorio e, da osservatrice, quasi ipnotico. Una danza un po’ fangosa ma non meno elegante, fatta di gesti sinuosi e tocchi leggeri nell’accarezzare e nel modellare una massa plastica di per sé deforme.
Cinque date, un insegnante e altri dieci partecipanti, così per due mesi, il martedì avevo un appuntamento. Due ore per staccare la spina da quel circuito chiuso e per incanalare le mie energie in qualcosa che mi facesse stare bene. Con queste premesse, ricordo di essere entrata nell’aula con molta curiosità e voglia di imparare.
L’argilla? Decisamente non pronta a fare la mia conoscenza.
Tutta quella relazione idilliaca su cui tanto avevo fantasticato era sicuramente poetica ma ben lontana dalla realtà. Ero spiazzata. L’argilla che avevo davanti agli occhi non solo era fredda ma dura e incredibilmente resistente al mio sforzo. Ricordo quindi di aver alzato gli occhi dal banco in pieno sbalordimento e di aver incrociato lo sguardo, altrettanto incredulo, di Fabio che nel frattempo si sistemava il suo grazioso grembiule stile Harrods con cagnolini stampati di ogni genere e tipo. 
Fabio è un uomo sulla cinquantina che si è presentato dicendomi che il corso di modellazione creta e cottura raku gli era stato regalato dalla moglie e dalla figlia per trovargli qualcosa da fare e, soprattutto, impedirgli di deprimersi in casa. Un bellissimo gesto di amore, ho pensato, e senza chiedergli ulteriori dettagli, da quel giorno ho iniziato a considerarlo mio fedele compagno di viaggio.
La principale differenza tra me e Fabio era che lui aveva ben in mente cosa realizzare, io no. Confidando in quel famoso estro creativo, speravo che fosse l’argilla stessa a prendere forma prima o poi. È stato così che, da quello che è partito come un piccolo contenitore cilindrico, ho visto comparire una ciotola sempre più larga finché, grazie all’aiuto di mani più esperte, i bordi di questa sono diventati pareti di una nuova forma: un vaso.
Devo essere onesta, la mia disarmante indecisione combinata alla dinamicità di questo materiale sono state la ricetta per un rapporto abbastanza tormentato. Se non fosse stato per Fabio non avrei mai assecondato la forma che quel vaso stava prendendo nel corso delle settimane. Esito di questa costante rassicurazione è stata la presa di coscienza della terza sera quando ho deciso che sarebbe diventato un vaso storto. Sì, un vaso storto.
Ricordo ancora lo sguardo incuriosito di Fabio nell’interrogarsi su questa mia spavalderia. D’altronde, fino alla settimana prima alzavo incerta colombini –piccole strisce cilindriche di argilla- e ora parlavo di estro artistico brandendo un’asta di legno con cui colpire il vaso modellato con cura fino a qualche minuto prima.
“Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. E così colpo dopo colpo, ho visto il mio vaso accartocciarsi e, per assurdo, in quelle innaturali distorsioni mi sono ritrovata. Al termine della quarta serata, sia io che Fabio raggiungemmo insieme il nostro primo traguardo: la consegna delle nostre creazioni per la prima cottura.
Purtroppo però, gli eventi hanno voluto che l’ultima lezione, quella del ritorno delle opere dal forno, io e Fabio non fossimo insieme. Ho trascorso infatti settimane chiedendomi non solo quale fosse l’esito della cottura ma anche come stesse Fabio e cosa ne fosse stato di lui e delle sue creazioni.
Ed è successo così.
Il giorno in cui sono tornata in aula la mia sorpresa è stata duplice: il mio vaso, nonostante i colpi, non aveva alcuna crettatura e Fabio era lì, sulla soglia della porta di ingresso.
È arrivato abbronzato, con un nuovo taglio di capelli e un sorriso non più nascosto dalla mascherina. È passato solo per ritirare i suoi vasi, nel frattempo fioriti, ma per la nostra usuale e silenziosa intesa, è stato sufficiente. “Forza Giulia, guarda! Il tuo vaso è un capolavoro!” e facendomi l’occhiolino se n’è andato.
È proprio vero, ho pensato, “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma” forse, per me e per Fabio, il corso di modellazione creta e cottura raku aveva anche questo scopo.

 
 -----------------------------------------------------------------------------
Racconto di Giulia Russo
Selezione del Concorso letterario Il Cavedio "Il mio corso di..." 2022